Roma, 6 maggio-"Su cinque milioni e mezzo di imprese italiane, duecentomila sono le imprese esportatrici e solo undicimila quelle esportatrici abituali". E'la fotografia impietosa dell'export italiano secondo Sandro Pettinato, Vice Segretario Generale Unioncamere nel corso dell'incontro
"Esportare la bellezza. Dal viaggio di Goethe al Made in Italy"
svoltosi presso l'UNINT. Un quadro non lusinghiero che però al tempo stesso indica anche l'amplissimo margine di espansione che si apre per le imprese italiane.
Un viaggio tra cultura ed export, passando per la diplomazia economica del Ministero degli Affari Esteri e la diplomazia interculturale, ponte tra abitudini sociali e modalità di business a cavallo tra mondi e culture diverse.
"Indubbiamente le imprese del nostro paese possono contare sulla percezione dell'Italia come paese portatore di grande bellezza e sulla capacità di empatia e simpatia degli imprenditori italiani" ha sottolineato Fabrizio Lobasso, poliedrico Ambasciatore d'Italia in Sudan, capace di reinterpretare anche le canzoni napoletane in lingua sudanese.
"Ma poi sono i tedeschi che chiudono i contratti. Non basta puntare sul "luxury" e sul bello di fascia altissima di cui nel mondo sono destinatari un relativamente ristretto numero consumatori-ha replicato Pier Luigi d'Agata, Direttore Generale di Confindustria Assafrica & Mediterraneo-"Occorre puntare anche sistematicamente sul "bello e ben fatto" a prezzi competitivi per una larga fascia di consumatori industriali e finali, per i quali possiamo essere "la boutique del mondo", come afferma Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, facendo conoscere meglio a livello globale la nostra industria e il nostro modello della PMI. L'Italia è tuttora prevalentemente conosciuta per calcio, ristorazione, moda, luxury lifestyle più che per il suo sistema industriale e la sua eccellenza manifatturiera, la seconda in Europa dopo la Germania. Per questo ad esempio Assafrica da oltre due anni sta portando avanti nelle sue attività il concetto che occorre innestare cultura e modello industriale italiano per "industrializzare l'Africa" quale elemento essenziale di sviluppo del Continente", ha concluso d'Agata.
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